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Recensione: Conversazione con Thuras – Leopoldina Plotta della Tore, Oltremare. Kenneth Clemets

INNessuno dei migliori scrittori francesi dalla seconda metà del 20° secolo ha tradotto i suoi libri in svedese come Marguerite Duras. L’ondata di traduzioni è davvero scoppiata negli anni ’80 con capolavori come “Lol V Stein’s rapture” e “The Lover”. Il racconto autobiografico della sua giovinezza in Indocina diventa la sua svolta internazionale, vincendo nel 1984 il Premio Concord; Madeleine Gustafsson lo tradusse magnificamente in svedese. Nonostante abbia già tradotto un paio di romanzi degli anni ’60, “I cavallini a Targunia” è il migliore. Meno importante, una vacanza si esprime attraverso conversazioni precise dove si raduna un gruppo ristretto di persone, la parola parlata suggerisce abissi discorsivi cesellati e banali al di fuori della frontiera stilizzata.

Composizione Linguaggio quotidiano, sintassi semplice e una dichiarazione, lo stile quasi antico dell’oracolo furono i primi simboli di Dura; Lo ha anche mostrato nella sceneggiatura di “Hiroshima My Love” di Alain Resnoy. Qui, come nei primi romanzi, i suoi strani indirizzi: si concentra sulla natura di un sentimento, di una relazione, di un ricordo, di un desiderio. È insensibile con una certa fredda passione. Non impressiona mai il lettore, ma le permette di vedere e ascoltare a distanza. Trai le nostre conclusioni su quello che sta succedendo. Ad esempio, in “Fedra”, di tanto in tanto viene paragonata agli eventi sotto la superficie di una passione controllata e di una razza. La chiarezza dell’inevitabile dolore, almeno nella loro storia d’amore, non lascerà mai le persone.