Osservazioni conclusive. Siamo grati per il tono di risposta e di chiarimento da parte di Maruti e dei suoi partner [1]. Inoltre, non vogliamo dipingere un quadro di completa divisione tra le nostre posizioni. Ovviamente siamo d’accordo su molto.
Gli autori ci danno la loro definizione del termine “funzionale” (“quando usiamo il termine”). La mancanza di una definizione universalmente accettata è parte del problema. Noi sosteniamo che il termine “funzionale”, almeno dal punto di vista della medicina del dolore, confonde più di quanto chiarisca, perché non è chiaro cosa rappresenti. Se invece nell’analisi del dolore si utilizza la terminologia elaborata dall’International Association for the Study of Pain, non ultima la distinzione tra dolore nocicettivo, dolore neuropatico e dolore nocicettivo [2]Se ciò fosse fatto da un’ampia prospettiva biologica e psicosociale che enfatizzi il paziente come agente, non ci sarebbe bisogno del concetto di “funzionale”.
Crediamo semplicemente che non sia necessario continuare ad utilizzare un concetto vecchio e confuso che non aggiunge nulla. Gli autori si chiudono in una dicotomia della scala di età, dove diventa decisiva la presenza o l’assenza di “danno tissutale patologico” o di “struttura sana”. Le relazioni tra potenziali cambiamenti molecolari, fisiologici e strutturali a diversi livelli (dal microscopico elettronico a quello visibile all’occhio) sono interattive e complesse negli stati dolorosi rappresentati.
Per quanto riguarda il cosiddetto mal di schiena “aspecifico”, non intendiamo, ovviamente, che oggi sappiamo tutto di questa patologia. Abbiamo sottolineato che il termine “inspiegabile dal punto di vista medico” è inappropriato perché fuorvia la mente, anche se attualmente non sappiamo quali siano i precisi meccanismi molecolari responsabili della patologia e della fisiopatologia.
Sono in corso molte ricerche sulle diverse opzioni terapeutiche e Marotti e colleghi forniscono un riferimento interessante [3]. Ma nell’articolo la parola “funzionale” non sembra descrivere il dolore. Tuttavia la parola “nociplastic” appare tre volte, quindi riteniamo che il suddetto riferimento rafforzi la nostra posizione anziché indebolirla.
Infine, riteniamo che i nostri interlocutori sottovalutino il valore esplicativo del cambiamento concettuale che risiede nel fatto che il dolore a volte dovrebbe essere considerato una malattia correlata al dolore, piuttosto che un semplice sintomo. Per il resto ringraziamo Marotti e colleghi per il dialogo costruttivo e chiediamo che i colleghi siano rimandati alla letteratura svedese sull’analisi e sulla valutazione del dolore [4-7].
Per saperne di più:
Evitare il termine “funzionale” nella gestione del dolore
Risposta: distinguere tra dolore “funzionale” e “strutturale”.
Lakartidningen.se